Siamo liete di ospitare un articolo di Barbara Righini, fondatrice del forum dedicato alla cosmesi ecobio “Saicosatispalmi”. Un forum che ha avuto un ruolo importante nell’informazione sulla cosmesi ecobio e nel suo sviluppo in Italia fin dall’inizio


Con molto piacere raccolgo l’invito di Claudia ed Eva, le biofficine”, come le chiamo io affettuosamente avendo loro iniziato il viaggio nella cosmesi ecobio professionale in seguito alla frequentazione del forum di Saicosatispalmi, a scrivere un post per il curatissimo blog di Biofficina Toscana.

L’argomento più gettonato in questi ultimi tempi sembra essere: com’è cambiato il mondo della cosmesi ecobio italiana negli ultimi anni? Tenterò quindi di dare una risposta dal mio personalissimo punto di vista.

In questo momento sembra che l’eco-bio sia sulla bocca di tutti. Non se n’è mai parlato così tanto, il che da un lato è positivo, perché significa che finalmente, dopo tanti anni, si sta diffondendo sempre di più il desiderio di sapere cosa ci spalmiamo addosso e cosa poi mandiamo a finire nelle acque reflue. Dall’altro lato però è negativo, perché spesso di ecobio si parla a sproposito, e anche perché non serve sostituire un pazzo consumo tradizionale con un consumo “ecobio” altrettanto pazzo.

km0Il consumo consapevole si fa non solo considerando gli inci, ma anche tante altre cose, come l’etica delle aziende, la presenza di ingredienti a Km0, la biodegradabilità del packaging e soprattutto la sobrietà. So che può suonare strano detto da qualcuno che gestisce un negozio, ma consumare meglio e consumare meno a mio avviso è la vera strada del consumo consapevole.

Quando ho iniziato a guardarmi intorno per cambiare i prodotti che utilizzavo con qualcosa che fosse rispettoso di me e del pianeta, la scelta era deprimente. Chi arriva adesso invece ha la strada spianata, da questo punto di vista. Quindici anni fa in Italia si trovava pochissimo, quasi niente, e spesso a prezzi tutt’altro che amichevoli.

Ora all’opposto abbiamo l’imbarazzo della scelta: anche il makeup, che restava l’anello debole di questo mondo, si è enormemente diffuso e sta raggiungendo velocemente performance sempre più alte. Si trovano molti prodotti certificati anche nelle grandi catene di distribuzione e non è raro avvistarne anche in erboristerie e farmacie.

Di fronte a tanta abbondanza, distinguere la vera qualità comincia ad essere complesso.

Un tempo bastava che il prodotto fosse, come molti dicono, “a prova biodizionario”; poi si è passati al marchio di certificazione. Ora che i prodotti certificati sono tantissimi, occorre fare uno sforzo ulteriore, per comprendere che non tutti i prodotti certificati sono uguali, ma che il principio di qualità tra loro può essere molto diverso.

Pensiamo per esempio agli estratti vegetali. Un conto sono quelli ottenuti da piante raccolte e lavorate in tempi molto brevi; un altro quelli che invece vengono realizzati su piante stoccate per lungo tempo, e magari irradiate per eliminare la presenza di muffe. Peccato che, oltre alle muffe, le irradiazioni depauperino le erbe di molte delle loro proprietà.

Un occhio di riguardo personalmente va anche alle produzioni che utilizzano derivati da piante italiane, oltre che provenienti dall’estero. Ci sono ingredienti che non è possibile coltivare qui – pensiamo all’amato olio di cocco – ma tantissimi invece sì, come la lavanda, l’olio di oliva, la vite, il peperoncino, l’olivello spinoso, il girasole…

eticaE’ chiaro che a questo punto si debba parlare di prezzo, che è un dettaglio di estrema importanza. Non possiamo pensare che una crema a 5€ abbia la stessa qualità di una da 20€. Tuttavia, è sempre in agguato la cosiddetta “ecofurbizia”, cioè quella sindrome che porta molte aziende a lanciarsi a capofitto in un mercato che si considera promettente e di conseguenza a gonfiare esageratamente i prezzi. Ho visto oli vegetali a cifre folli, spacciati per elisir miracolosi di lunga vita… L’ecofurbizia porta anche a spacciare per eco qualcosa che non lo è, o lo è in dosi infinitesimali, oppure a vendere a poco prezzo prodotti con una quantità minima di attivi.

Quale chance abbiamo allora per districarci in questo mondo?

Intanto, imparare a selezionare le fonti di informazione. Sul web si trova tutto e il contrario di tutto, lo sappiamo. Valutiamo che persona sta scrivendo, o facendo un video, ed evitiamo di prendere qualsiasi cosa per oro colato.

Impariamo a conoscere le aziende. Oggi è semplice: tutte hanno un sito e la maggior parte anche una pagina facebook, o un blog e sicuramente un indirizzo email a cui rivolgersi per qualsiasi dubbio. Credo che chi lavora seriamente riesca a farlo trasparire anche via monitor.

Campagne pubblicitarie aggressive, risposte evasive, denigrazione dei propri concorrenti non depongono a favore di una corretta informazione.

Anche gli enti di certificazione possono essere consultati sia attraverso i loro siti, sia via email. E’ loro interesse chiarire i nostri dubbi, tanto vale approfittarne.

Prendiamo in seria considerazione di boicottare le multinazionali. Chiediamoci se abbia senso dare il nostro denaro a chi ha una linea ecobio e mille tradizionali.

Infine, ma non meno importante: non facciamoci prendere dal panico! Il fatto che la valutazione sia complessa non deve farci dire “allora, tanto vale lasciar perdere”. Accettiamo il fatto che in un mondo altamente complesso ci viviamo. Basta guardare le etichette degli alimentari! Non scoraggiamoci, siamo in tanti e possiamo fare moltissimo per una cosmesi ecobio giusta ed etica.